MILANO DESIGN WEEK 2023
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COMMON RUINS

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common ruins

  • categoria
  • anno
  • luogo
  • tipo
  • cliente
  • stato
  • ricettivo
  • 2019
  • mothe chandeniers
  • concorso
  • YAC
  • non selezionato

Il progetto si basa su un delicato intervento finalizzato a mantenere intatto il fascino della rovina senza nascondere i segni del tempo e i danni che l’hanno resa inospitale fino ad ora. Lasciare intatti i segni del tempo significa anche preservare la vegetazione spontanea che ha invaso gli spazi del castello lasciati disabitati nel corso degli anni.

L’obiettivo è mantenere vivo il castello inserendo nuove funzioni e suggerendo nuovi usi degli spazi esistenti, lasciando che la struttura possa continuare ad invecchiare senza l’intervento umano. Il progetto mira a creare percorsi esplorativi all’interno del castello e del parco, preservando il fascino associato all’abbandono. Per fare ciò, siamo intervenuti con elementi ben riconoscibili, aggiunte di elementi alla struttura esistente del castello per preservarne l’essenza e allo stesso tempo renderlo accessibile.

Gli interventi sono suddivisi in servizi aperti al pubblico e servizi diffusi all’interno del parco e in alcune aree del castello. In particolare, lungo i canali sono stati previsti due mercati e un teatro galleggiante, mentre all’interno del castello, gli spazi del piano terra sono occupati da una caffetteria, un noleggio barche e una reception. L’intervento prevede anche il restauro dell’antico limoneto per testimoniare un passato che è stato cancellato da anni di abbandono. Un percorso sospeso si snoda attraverso gli spazi del castello e collega i vari interventi.

Cinque diversi tipi di camere offrono agli ospiti la possibilità di esperienze differenti, tutte ugualmente uniche e inaspettate. Dalla stanza ipogea raggiungibile attraverso una lunga rampa che taglia in due il fossato intorno al castello, al volume galleggiante sull’acqua poco distante, dal un serbatoio situato in una zona panoramica sul tetto di una torre, al rifugio isolato su un albero, senza dimenticare il volume ‘parassita’ che adatta la sua forma agli spazi del castello in cui è installato.